Quando un piatto o un oggetto di ceramica cade e si rompe purtroppo c’è poco da fare: bisogna raccogliere i cocci e gettarli nell’immondizia con buona pace del valore affettivo ed economico. Oppure no? Esiste un’antica arte giapponese chiamata kintsugi che consente non solo di riparare un oggetto di ceramica rotto, ma di impreziosirlo e dargli un aspetto estetico ancora migliore rispetto a prima con l’aggiunta di una finitura dorata.
Dall’Estremo Oriente sono approdate in Occidente diverse arti non solo estremamente pratiche e funzionali, ma anche impregnate di filosofia zen come l’origami ed il Feng Shui. Adesso però scopriamo come riparare oggetti di ceramica con il kintsugi.
La tecnica del kintsugi: come funziona?
Kintsugi indica in lingua giapponese l’arte di riparare oggetti di ceramica con l’oro fuso, coprendo così le scheggiature e le fratture derivanti da una caduta o un urto accidentale. Per saldare i diversi cocci di un vaso, un piatto o qualsiasi altro oggetto in ceramica si utilizza la resina epossidica insieme alla polvere d’oro finto oppure alla polvere d’argento.
In commercio si possono acquistare kit già pronti all’uso per riparare oggetti di ceramica ma anche di vetro. L’oro svolge la funzione di filler ed ogni kit è dotato di un manuale di istruzioni che spiega passo dopo passo come procedere alla riparazione, come effettuare la posa e quanto tempo bisogna attendere per l’asciugatura dell’oro o dell’argento. Generalmente nei kit sono compresi anche guanti, applicatori per la polvere d’oro e oggetti da riparare per fare un po’ di pratica.
La storia del kintsugi: come è nata questa nobile arte?
Il kintsugi affonda le sue radici nel 1400 all’epoca dello shogun Ashikaga Yoshimasa. Si racconta che durante una cerimonia si ruppe una preziosa tazza di thé e lo shogun ne ordinò la riparazione, ma non rimase soddisfatto. Gli artigiani decisero quindi di trattare le crepe con la lacca Urushi, un prodotto tutt’oggi molto pregiato in Giappone, con l’applicazione della polvere d’oro. Lo shogun ne rimase particolarmente affascinato e da allora il kintsugi, cioè la tecnica di riparare la ceramica con l’oro, divenne un’arte molto nobile che oggi si è trasformata in un divertente hobby utile e dilettevole.
La filosofia zen alle spalle del kintsugi
I giapponesi sono sempre stati un popolo molto pragmatico ma allo stesso tempo estremamente spirituale, infatti alle spalle del kintsugi c’è una filosofia zen molto profonda. Questa tecnica non ha una semplice finalità pratica, ma punta a curare anche le ferite dell’anima.
Se si può riparare un piatto o un oggetto rotto si può curare anche lo spirito di una persona ferita oppure recuperare un rapporto che sembra destinato a naufragare. L’arte giapponese ha fatto suo il tradizionale concetto greco del “panta rei“: tutto scorre, tutto cambia e tutto si trasforma. Anche un piatto di ceramica rotto può quindi trasformarsi e diventare addirittura migliore di come era prima con l’aggiunta di finiture dorate o argentate.
Il kintsugi ricicla pezzi che sembravano ormai perduti, dando un tocco di originalità unico valorizzando l'”imperfetto” alla massima potenza. Infine c’è da considerare l’aspetto pratico ed affettivo, poiché è possibile recuperare oggetti dall’alto valore economico oppure affettivo.